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MAX È UN FENOMENO INDISCUTIBILE, ANCHE SE...

  • Immagine del redattore: Simone Marchetti Cavalieri
    Simone Marchetti Cavalieri
  • 7 giorni fa
  • Tempo di lettura: 3 min


Chi mi segue lo sa bene: ho una grande stima per Max Verstappen. Non incondizionata, chiaro — certe follie in pista, come quelle viste in Messico 2024 o a Budapest, non le digerisco nemmeno io. Ma al netto di qualche “svarione”, lo considero già uno dei più grandi di sempre. Lo dico da tempo, e mi sono preso la mia dose di critiche per questo. Fa parte del gioco.


Quello che invece mi ha davvero stupito sono le reazioni che ho letto e sentito dopo il weekend di Suzuka. Per carità, Verstappen è stato praticamente perfetto – ma questo, per lui, ormai è quasi la normalità. Eppure fioccano paragoni con Senna, si parla di impresa titanica, come se avesse rimontato dal fondo. Spoiler: non l’ha fatto. Quella, semmai, fu roba da Kimi nel 2005, in quella che all’epoca veniva pure definita gara “noiosa”…


Non voglio sminuire il lavoro di Max, anzi. La pole è stata roba magistrale. Ma se si vuole analizzare seriamente il weekend giapponese, bisogna guardare anche a ciò che gli altri hanno sbagliato. La McLaren, ad esempio, ha buttato via una potenziale doppietta in qualifica, nell’ultimo tentativo. Norris e Piastri non hanno tirato fuori giri all’altezza, punto. Verstappen, che reputo ormai costantemente sopra la media, ha fatto ciò che gli riesce meglio: ha massimizzato il potenziale disponibile. Ma gli altri? Non hanno massimizzato, semplicemente.


E su questo vorrei fare un appunto. Come spesso accade, le critiche più feroci si abbattono su Lando Norris. Eppure, prima dell’ultimo tentativo, era quinto. Piastri era in pole. Se proprio vogliamo assegnare responsabilità per una pole position sfumata, il primo nome da fare dovrebbe essere quello di Oscar.


Nel dettaglio: nell’ultimo giro di qualifica, Norris e Piastri si sono divisi i tre settori più veloci della sessione. Lando ha perso qualcosa nel T3 ed è finito in P2. Piastri, invece, ha completamente rovinato il primo settore, scivolando in P3. Ancora una volta, è stato Verstappen l’unico capace di mettere insieme tutti e tre i settori nel momento decisivo. Ma questo, ripeto, non dovrebbe più sorprenderci.


Quanto alla gara: Suzuka, con queste monoposto, è diventata una pista dove sorpassare è quasi impossibile. Le vetture generano troppo carico nelle curve veloci per potersi seguire da vicino, e la zona DRS è talmente breve che non permette reali sorpassi. Se non hai almeno un secondo di vantaggio sul passo, semplicemente non passi.


E c’è un altro punto cruciale: la Red Bull aveva un netto vantaggio sul dritto rispetto alla McLaren. Questo ha permesso a Max di restare sempre al sicuro, fuori dalla zona DRS di Norris. Lando, per quanto guadagnasse qualcosa nel primo settore, finiva per perdere tutto sulla retta verso la 130R. Addirittura, nonostante la scia.


Piastri, invece, trovandosi dietro a Norris, riusciva a sfruttare meglio il traino e avvicinarsi sotto al secondo. Ma mai abbastanza per poter tentare un sorpasso deciso. Molti dicono che avesse più passo, e può anche essere. Però Norris è rimasto a distanza costante da Max per tutto lo stint, e di certo le sue gomme non erano perfette.


In definitiva, Max ha meritato la vittoria. Ma è altrettanto vero che ci è arrivato anche grazie agli errori – o alle mancanze – altrui. Il talento non si discute, ma serve anche il contesto per brillare.


Chiudo con una riflessione che mi frulla spesso in testa: ogni volta che Verstappen domina, partono i soliti paragoni con Senna. A me, invece, ricorda sempre di più Michael Schumacher. Meno mistico, forse, ma spietatamente efficiente. Un campione chirurgico, senza margini d’errore.



© Simone Marchetti Cavalieri

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